Quanto dovrebbe essere lungo un articolo di blog?

I blog e il mito delle "300 parole"

Spesso, informandomi e formandomi per migliorare le mie capacità da copywriter (colui che scrive i testi, gestisce blog, crea piani editoriali, etc.), mi sono imbattuto in una vera e propria bufala riguardo alla lunghezza “ideale” di un articolo di blog.

È il falso mito dell’articolo da 300 parole. Eppure molti ci cascano.

Non è una colpa grave, magari si tratta solo di inesperienza o di aver parlato con le persone sbagliate, magari amici o famigliari, anche loro poco avvezzi al web (e alle logiche di web marketing).

Ma perché è una bufala e perché dovrebbe interessarti questo argomento?

Lo vedremo in questo articolo.

I blog e il mito delle “300 parole”

Spesso, informandomi e formandomi per migliorare le mie capacità da copywriter (colui che scrive i testi, gestisce blog, crea piani editoriali, etc.), mi sono imbattuto in una vera e propria bufala riguardo alla lunghezza “ideale” di un articolo di blog.

È il falso mito dell’articolo da 300 parole. Eppure molti ci cascano.

Non è una colpa grave, magari si tratta solo di inesperienza o di aver parlato con le persone sbagliate, magari amici o famigliari, anche loro poco avvezzi al web (e alle logiche di web marketing).

Ma perché è una bufala e perché dovrebbe interessarti questo argomento?

Lo vedremo in questo articolo.

1. La storia del mito

Come nasce questo mito?

Il mito dell’articolo fisso a un tot parole nasce dal passaggio dalla carta stampata a internet.

Se intorno a te c’è un giornale, prendilo. Cosa noti?

È spazialmente limitato. Ha misure standard e spazi standard dedicati ad ogni nicchia. E questi spazi sono più o meno grandi a seconda della popolarità o importanza dell’argomento. Un giornalista che tratta un argomento poco interessante ai più avrà al 99% dei casi meno spazio ad un articolista che tratta di economia o le ultime notizie dal mondo della politica. E (anche per molti altri motivi, ovviamente) per questo sono nate riviste di argomenti specialistici.

Es. Pensiamo ad un giornalista che tratta di fisica. Alla maggior parte delle persone non interessa l’argomento e nei giornali generici (che trattano di un po’ di tutto) vedrebbero relegati il loro spazio dedicato ad un piccolo trafiletto. Eppure la fisica è molto complessa e necessiterebbe di molto spazio. E gli interessati all’argomento leggerebbero volentieri articoli più lunghi se ne avessero la possibilità.

È chiaro no?

I limiti fisici obbligano a delle scelte. Ma non si vuole accusare nessuno, è solo una riflessione.

Perciò, i primi articoli scritti su internet ricalcavano questa logica. Parole e spazio erano definiti a priori.

Purtroppo accade ancora oggi.

 Ah, sono appena arrivato a 300 parole

Ma… perché proprio 300?

No, non è un riferimento ai 300 mitici guerrieri di Sparta… è un po’ più complesso (anche se sarebbe piuttosto divertente se fosse davvero questa l’origine).

Nato per le logiche giornalistiche tradizionali passate al mondo di internet, il mito si è diffuso per la questione di Yoast e del suo semaforo. Senza soffermarci troppo, sappiate che Yoast è un ottimo plugin (strumento aggiuntivo) per la gestione dei contenuti di un sito.

È davvero molto utile ma il suo semaforo è molto pretenzioso. Cioè?

“È una macchina che vuole valutare per un uomo”.

Il suo algoritmo è fisso e, di conseguenza, se non lo segui religiosamente, ti dà segno rosso. Ossia se sfori (in + o in – le 300 parole) e molto altri fattori.

In sostanza, Yoast è molto valido per le sue caratteristiche, ma non va considerato come “esperto” in fase di SEO. Perché ti segnerebbe come punto negativo paragrafi o articoli troppo lunghi. Magari ne riparleremo in futuro.

2. Perché è una bufala?

Spiegato il mito e le sue origini, è il momento di distruggerlo. Partendo dalle basi.

“Un motore di ricerca posiziona nelle zone migliori (posizioni alte delle prime pagine) gli articoli che pensa possano aiutare gli utenti a rispondere alla sua richiesta”.

Ci sono moltissime altre regole, ma questa è fondamentale (e probabilmente la prima). È il motivo per cui esistono i motori di ricerca: per aiutarci a cercare ciò che ci serve.

[Se vuoi sapere come funziona un motore di ricerca e cosa lo differenzia da un social, ti lascio un articolo di approfondimento qui]. 

Il ranking delle pagine non tratta di quantità di testo ma di  qualità: se rispondiamo, in modo approfondito e completo alle domande dei nostri utenti finiti su un articolo del nostro blog.

Questo è il punto fondamentale: NON dobbiamo scrivere per le 300 parole o per gli algoritmi ma per le persone: loro leggono gli articoli, loro cliccano sui link che forniamo loro per approfondire, e, sempre loro, tramite il tempo speso, ci fanno capire (a noi e a Google) che il nostro blog è valido. Magari leggendo più di un articolo.

Non siete ancora convinti? 

Agli inizi degli anni 2000 (sì avete letto bene), Google, tramite un filtro antispam dedicato ai blog, cominciò a dubitare della genuinità dei siti con articoli di lunghezza identica.

Perché?

Perché non si può parlare di argomenti diversi pretendendo di mantenere la lunghezza invariata. Ma facciamo due esempi contrapposti, per chiarire ogni dubbio:

Es. Se un utente cerca: “Qual è la distanza Terra – Luna?” n0n avrete bisogno di scrivere 300 parole. Ne bastano molte meno.

Es 2. Se un utente cerca: “Storia Italiana dal 1400 al 1600” vi potranno mai bastare 300 parole? Neanche per sogno. Neanche togliendo articoli, spazi e scrivendo per sigle o abbreviazioni.

Avrai già capito cosa intendo dire nel prossimo punto dell’articolo.

3. Qual è, quindi, la lunghezza ideale di un articolo?

… Prova ad indovinare.

La risposta è: Dipende.

Dipende da mille fattori. Dall’argomento, dalla sua difficoltà e dal suo livello (vuole essere un’infarinatura più generica o un articolo verticale su uno specifico argomento?), dal ragionamento, dagli esempi e da chi lo scrive e come lo vuole scrivere.

Su questo blog ho scritto articoli molto diversi: Alcuni piuttosto lunghi (come questo) e altri piuttosto brevi (questo).

Cosa cambia? L’argomento e come viene trattato. Uno è una guida, un altro un elenco più breve di consigli sulle mail.

Qual è l’unico elemento in comune?

Il FINE. Essere d’aiuto. Dare le informazioni necessarie agli utenti che lo leggono. Se ottengo questo scopo, sono “pulito con la coscienza”. Ho fatto il mio lavoro.

Ecco l’obbiettivo a cui bisogna puntare quando si scrive un articolo.

4. Conclusione 

Forse ti starai chiedendo: “bell’articolo, interessante, ma io ho un sito ma non scrivo contenuti. Incarico qualcuno che lo faccia“.

Giustissimo, per carità. Non puoi occuparti di tutto tu.

Ma quest’articolo è anche per te. Per spronarti a “perdere” del tempo a leggere gli articoli del tuo blog.

Poniti queste domande:

  • Rispondono alle domande dei tuoi utenti?
  • Fanno capire alcune tematiche del tuo settore o attività?
  • Hanno detto tutto il necessario?

Per questo è importante la collaborazione tra imprenditore e copywriter: uno ci mette la forma, lo stile e le capacità, l’altro gli argomenti del proprio settore e tutto ciò di cui vorrebbe parlare nel suo sito.

[Qui un articolo sull’importanza della collaborazione tra chi scrive e il titolare dell’attività.

E con questa ultima delucidazione abbiamo concluso. Ricordate:

Non esistono contenuti lunghi o brevi, ma solo interessanti o noiosi.

Spero di esservi stato d’aiuto e alla pross.. 

ASPETTA!

Prima di chiudere l’articolo, ti invito a fare un esperimento. Pensa a cosa hai imparato arrivando fin qui (a circa 1125 parole). Poi torna in cima e leggi fino alle 300 parole.

Noti qualche differenza?

Vuoi prenotare una call iniziale per il tuo progetto di web marketing?

Compila il form e ti ricontatteremo:

Dal nostro Blog...

Amazon: alleato o nemico da abbattere?

Vediamo oggi l'ordine di importanza delle attività sul web

La SEO, uno strumento fondamentale nella comunicazione digitale di un’impresa

Cat:

YouTube

GEMCommunicationWEBAgency

Linkedin

gemcommunicationitaly

Instagram

gem_communication

Facebook

@gemcommunication

Whatsapp

+39 0171.905.404

WebOnAir

Podcast a cura di Gabiele Polla